Agrigento

In ricordo del maestro Pippo Flora

di Pietro Seddio

Pubblicato 2 anni fa

Pietro Seddio, agrigentino, è uno, scrittore e regista teatrale da decenni trasferitosi a Pavia. Ha scritto libri e saggi sul teatro e su Pirandello. Negli anni 70 mise in scena ad Agrigento un’opera di Ionesco.

Seddio, come tanti amici del maestro Pippo Flora, ci ha mandato questo suo ricordo che pubblichiamo:

 Quasi sempre la morte di un parente, di un amico provoca una lacerazione interiore soprattutto se con questo si sono condivise gioie, progetti, sentimenti di affetto che rimangono indelebili essendosi radicati in ogni coscienza capace di immagazzinare ogni istante di quei meravigliosi rapporti.

Con il M° Pippo Flora (quando mi sono diplomato mi ha interrogato in Agraria promuovendomi) si era, da tempo, instaurato un rapporto artistico che per lungo tempo ci ha legati e sono stati tanti i giorni e le ore che abbiamo trascorso insieme. Momenti che il tempo aveva allontanato, per il mio trasferimento a Pavia, ma non sbiadito, e che ora, in questa infausta circostanza, diventano granito indistruttibile.

Ricordarlo?

Molti, moltissimi ricordi e non sarò il solo perché quanti (e sono moltissimi) lo hanno conosciuto avranno gli stessi sentimenti di ammirazione, gratitudine per la lezione di vita che ci ha dato sottolineando che tutto quello che diceva, proponeva, aveva una base di candore artistico difficilmente riscontrabile in chi lavora e opera in questo settore e lui era un vero artista.

Ha sempre vissuto per e con la musica ricordando la sua propensione a costituire cori che ottenevano sempre un grande successo.

Un fiore in un deserto sapendo che ha sempre operato in un territorio certamente predisposto, ma male organizzato e più d’una volta ha dovuto registrare, non per colpa sua, un fallimento che mai lo ha demoralizzato, perché da quella mente vulcanica sfornava progetti su progetti ed erano tanti (compreso io) a sentirlo, a programmare, a darsi da fare perché quello che lui pensava si potesse realizzare. Ecco, ora, tutto si cristallizza, si ferma nel tempo e la dipartita ha chiuso in una patina trasparente, ma sempre patina rimane, i ricordi che ciascuno di noi manterrà vivi nel proprio cuore e nella personale memoria.

“L’arte – scriveva Luigi Pirandello – può solamente fotografare la realtà disintegrata e presentarsi lei per prima come frantumata e disintegrata, priva di coerenza e di unicità di significato. L’arte è lo specchio della realtà, ma dal momento che ormai la realtà è frantumata, può solo fotografare la realtà è anch’essa frantumata”.

Questa deduzione del nostro Maestro, don Luigi Pirandello, sembra scritta per il Maestro Flora in quanto nella sua essenza lo si individua sapendo che la sua arte altro non è stata che “lo specchio della realtà” e lui ha vissuto una invasiva realtà che lo faceva pensare, proporre, consigliare certo che i suoi ammiratori lo avrebbero seguito e per questo era difficile vederlo da solo, sempre in compagnia soprattutto di giovani che in lui vedevano, a ragione ben veduta, il Maestro. Certo, come è naturale, pur vedendo quel volto quasi sempre sorridente, lo stesso ha dovuto lottare con le difficoltà della vita non solo personale ma anche artistica, e qui basta ricordare la morte del fratello, Savino, anche lui insegnante, in età matura rubato da un male terribile.

E poi i tanti amici-nemici che lo hanno frainteso, tradito, ostacolato (quasi sempre per invidia, loro pseudo artisti e quindi guitti) a volte caparbiamente intenzionati a metterlo all’angolo.

Questi oggi, ne sono consapevole, piangono, si commuovono, raccontano sottolineando la loro amicizia, ma sanno di non essere veri e questo, oggi, non fa più incavolare il Maestro che si è spogliato delle miserie umane e, con altri amici che lo hanno preceduto, ha già iniziato a provare, suonando sempre il piano, nuovi cori per offrirli alle anime beate ed è certo che da questo momento in poi godrà la beatitudine eterna che qui, in questa città contorta, non è riuscito a vivere.

Continui Maestro, la sua musica, la sua arte è stata opera di chi lo ha voluto bene e seguito ed ora gode della sua presenza.

Grazia Maestro, un caro doveroso e commosso saluto sapendo che il suo accattivante sorriso rimarrà vivo.

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