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Il maxi incendio alla Omnia di Licata, chieste 4 condanne  

La procura di Agrigento ha chiesto 4 condanne nel processo sul maxi incendio che lo scorso gennaio ha devastato il deposito rifiuti della ditta Omnia a Licata

Pubblicato 2 ore fa

Il sostituto procuratore della Repubblica, Alessia Battaglia, ha avanzato la richiesta di condanna nei confronti di quattro imputati coinvolti a vario titolo nell’inchiesta sul maxi incendio doloso che lo scorso gennaio ha devastato il deposito rifiuti della ditta Omnia a Licata. Il pubblico ministero ha chiesto 16 anni e 6 mesi di reclusione per Carmelo D’Antona, 40 anni; 6 anni di reclusione ciascuno è invece la richiesta per Salvatore Giuseppe Barbera, 51 anni, di Campobello di Licata; Gioconda Stemma, 53 anni, di Campobello di Licata; per Maurizio Brancato, 50 anni, di Ravanusa, la richiesta è di 4 anni di reclusione. Gli imputati hanno scelto la via del rito abbreviato.

Il procedimento è in corso davanti il giudice Alberto Lippini che dovrà peraltro pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di altri 12 imputati: si tratta di Cristoforo Famà, 42 anni, di Licata; Emanuele Montaperto, 35 anni, di Campobello di Licata; Neculai Razvan Bostan, 40 anni, rumeno residente a Ravanusa; Francesco Salamone, 24 anni, di Ravanusa; Mario Antona, 25 anni, di Ravanusa; Alexandru Marian Buluc, 26 anni, residente a Ravanusa; Ion Acatrinei, 44 anni, residente a Ravanusa; Giuseppe Galiano, 48 anni, di Ravanusa; Giovanni Pio Galiano, 22 anni, di Ravanusa; Domenico Savio Messana, 31 anni, di Campobello di Licata; Abaru Camara, 26 anni, senza fissa dimora; Andrea Grillo, 58 anni, di Licata. Si torna in aula il 12 novembre per gli interventi degli avvocati Salvatore Manganello, Calogero Meli, Carmelo Pitrola e Graziella Miccichè. 

Il rogo – avvenuto nel gennaio scorso e domato dopo alcune settimane di lavoro incessante – provocò un grave danno ambientale che impose al sindaco anche l’adozione di misure drastiche come la chiusura delle scuole cittadine. Le indagini culminarono con due distinte operazioni dei carabinieri che, in prima battuta, arrestarono tre persone e, poco dopo, al termine degli interrogatori preventivi, eseguirono altre dieci misure cautelari. L’inchiesta – coordinata dal procuratore Giovanni Di Leo e dal sostituto procuratore Alessia Battaglia – avrebbe fatto luce non soltanto sull’incendio alla ditta Omnia ma su uno spaccato di violenza e criminalità diffusa tra Campobello di Licata, Ravanusa e Licata. La vicenda è legata al maxi incendio nel deposito di rifiuti dell’impresa Omnia, avvenuto alle fine dello scorso gennaio nella periferia di Licata. Il rogo, domato soltanto dopo alcune settimane di incessanti operazioni, provocò un grave danno ambientale che impose al sindaco anche l’adozione di misure drastiche come la chiusura delle scuole cittadine. L’inchiesta, durata oltre dieci mesi, ha fatto luce non soltanto sull’incendio alla Omnia ma anche su uno spaccato di criminalità e violenza tra Ravanusa, Licata e Campobello di Licata.

A D’Antona, Famà, Barbera, e Gemma viene contestato il reato di incendio della discarica Omnia: ai primi due in qualità di ideatori dell’azione mentre gli altri due come esecutori materiali. Agli stessi viene contestata la circostanza aggravante di aver provocato un delitto contro la salute pubblica poiché il rogo sprigionò diossine cagionando un deterioramento dell’aria. A D’Antona e Brancato viene contestato il reato di detenzione e porto in luogo pubblico di arma profferendo minacce nei confronti di un altro soggetto. D’Antona e Antona sono accusati di estorsione: secondo l’accusa avrebbero portato in aperta campagna un soggetto, sospettato di essere l’autore di un furto, e averlo picchiato e minacciato di morte affinché consegnasse loro 170 euro, pari al valore della merce rubata. Per Bostan e Buluc le accuse sono di furto aggravato: il primo (insieme a Montaperto) avrebbe svaligiato un’abitazione a Campobello di Licata mentre il secondo avrebbe depredato l’impianto sportivo comunale di Ravanusa. Ion Acatrinei è accusato, invece, del furto avvenuto in un’abitazione a Ravanusa nel luglio scorso: in quell’occasione furono portati via documenti e soldi per un importo compreso tra i 5 e 10 mila euro. Giuseppe Galiano è accusato di estorsione e ricettazione: la vicenda è legata alla rapina subita da un minorenne a cui era stata sottratta una bici elettrica. Secondo gli inquirenti, l’indagato avrebbe chiesto (in concorso) soldi al genitore per la restituzione del mezzo. A Carmelo D’Antona viene contestato anche un tentato omicidio: il 10 luglio 2024 avrebbe preso a sprangate un senza tetto a Campobello di Licata. La stessa vittima del tentato omicidio – Camara – è accusata di lesioni personali aggravate per aver picchiato una persona provocandole lesioni giudicate guaribili in una settimana. Ad Andrea Grillo, infine, viene contestato il reato di essersi rifiutato di dare informazioni al pubblico ministero durante le indagini. In particolare, gli inquirenti gli contestato di aver taciuto sulle informazioni in suo possesso relativamente ai mandanti e agli esecutori dell’incendio alla ditta Omnia.  

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