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Semestrale Dia, vicequestore Cilona: “Per gli agrigentini è arrivato il momento di reagire” (ft e vd)

Criminalità organizzata, usura, estorsioni, collegamenti oltreoceano e rafforzamento del potere mafioso. La Direzione Investigativa Antimafia, con la relazione relativa al secondo semestre 2019,  misura lo stato e la condizione delle organizzazioni mafiose sul territorio. Ad esporre i principali dati e fornire importanti spunti di riflessione è il vicequestore Roberto Cilona, a capo della Dia di […]

Pubblicato 4 anni fa

Criminalità organizzata, usura, estorsioni, collegamenti oltreoceano e rafforzamento del potere mafioso. La Direzione Investigativa Antimafia, con la relazione relativa al secondo semestre 2019,  misura lo stato e la condizione delle organizzazioni mafiose sul territorio. Ad esporre i principali dati e fornire importanti spunti di riflessione è il vicequestore Roberto Cilona, a capo della Dia di Agrigento. 

Un semestre “ricco” di avvenimenti e operazioni soprattutto in provincia di Agrigento che ci consegna una perfetta fotografia sullo stato attuale di Cosa Nostra, della comunità mafiosa che la compone e delle conseguenze sociali ed economiche accentuate soprattutto con il Coronavirus. Per questo motivo, nonostante il Covid-19 sia arrivato nei primi mesi del 2020, la Dia ha fatto uno “strappo” inserendo nella relazione anche possibili conseguenze derivanti dall’emergenza sanitaria. 

“Il territorio agrigentino è economicamente depresso, imprese ai margini della competitività e a rischio fallimento – ha dichiarato il vicequestore Cilona – La scarsa liquidità, soprattutto in emergenza sanitaria, ha determinato una emersione del lavoro nero, situazioni opache nel mondo delle imprese. Tutto questo porta in auge il fenomeno dell’usura, sia per le famiglie quanto per le imprese. Il crimine organizzato, disponendo di liquidità derivante dai circuiti illeciti quali droga e gioco d’azzardo online, è potenzialmente in grado di venire incontro alle esigenze.”

Un potere enorme, quello dato alla comunità mafiosa, che molto spesso viene conferito dallo stesso cittadino: “La situazione nell’agrigentino lega in maniera viscerale le consorterie mafiose al territorio e alla comunità che ci abita – dice il vicequestore Cilona –  Il potere deriva da un rapporto anomalo del cittadino (fortunatamente non tutti) con il crimine: il mancato pagamento di una fornitura, l’assunzione di un soggetto indicato dalla consorteria non vengono percepiti come estorsione ma come spesa dell’impresa. Se il cittadino preferisce risolvere i problemi non con il diritto ma con “amicizie” particolari lo stesso ha le idee poco chiare a quale comunità appartenga che non è quella civile ma quella criminale. Il rischio, oggi più che mai, è legato a chi realmente gli conferisce questo potere: un tempo c’era la soggezione, la paura. Oggi c’è più consapevolezza.”

LA RELAZIONE. “Il contesto criminale della provincia di Agrigento, contraddistinto dalla costante e invasiva presenza di Cosa nostra, dal dopoguerra ad oggi ha subìto una continua evoluzione nel perseguimento degli affari illeciti, spo- standosi dall’originario ambito economico agro-pastorale verso settori ben più remunerativi, quali il traffico internazionale degli stupefacenti ed il controllo di attività economiche con riguardo, in particolare, all’edilizia e agli appalti pubblici. Più di recente si registra la volontà della ma a agrigentina di interagire con consorterie ma ose di altre province siciliane – in particolare con quelle palermitane delle quali replica la struttura in mandamenti e famiglie – e con realtà criminali di altre Regioni. In alcuni territori della provincia, un ruolo di rilievo viene ricoperto dalla stidda. 

Al riguardo, nel semestre in esame, articolate indagini hanno colpito un’organizzazione criminale di matrice stiddara, del tutto indipendente da Cosa nostra, che aveva  cessato il “quartier generale” nel nord Italia, più precisamente nelle città di Brescia, Torino e Milano. Il sodalizio, del quale facevano parte, tra gli altri, anche soggetti originari della provincia di Agrigento, ha permesso a centinaia di imprenditori di evadere il  sco per diverse decine di milioni di euro, cedendo crediti  scali inesistenti e riciclando i pro tti. Benché proiettata verso gli illeciti  finanziari, la consorteria agiva secondo le vecchie regole di stretta e collaudata osservanza ma osa. Gli associati, infatti, “…si avvalevano della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo….che si sostanzia- va…nell’osservanza delle gerarchie e delle rigorose regole interne di rispetto ed obbedienza alle direttive dei vertici, con previsione di sanzioni in caso di inosservanza…”. Insieme alla stidda, Cosa nostra agrigentina conferma il proprio radicamento sul territorio e la ricerca di alleanze presso i sodalizi delle vicine province. Essa continua ad essere strutturata in 7 mandamenti (Agrigento, Burgio, del Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro) suddivisi a loro volta in 42 famiglie.

Giova precisare che le ricomposizioni di famiglie e di mandamenti sono anche influenzate dalle scarcerazioni degli affiliati che, tornati in libertà, hanno interesse a riconquistare posizioni sospese e sono pertanto in grado di creare significative frizioni sia nel territorio di appartenenza che in quelli vicini. Recenti attività di indagine hanno inoltre accertato frequenti contatti tra esponenti ma osi agrigentini e componenti di famiglie catanesi368, nissene e trapanesi, specie tra Cosa nostra agrigentina e soggetti affiliati alla famiglia ma osa di Castelvetrano (TP).

Anche in questa provincia, il business ma oso per antonomasia è rappresentato dal fenomeno estorsivo: con tale pratica illecita, conseguita – molto spesso – attraverso atti intimidatori, le consorterie si assi- curano liquidità e controllo del territorio. Non sono poi mancanti, nel semestre, danneggiamenti seguiti da incendi, per lo più ai danni di imprese. 

Al riguardo, si segnala che nel mese di luglio è stata eseguito l’arresto371 di soggetti affiliati alla famiglia ma osa di Licata e di un funzionario pubblico. Il provvedimento rappresenta la naturale prosecuzione dell’indagine “Assedio” del precedente semestre. Sempre con riguardo al fenomeno estorsivo, nell’ambito dell’operazione “Passepartout”, avviata in seguito alla scarcerazione di un soggetto più volte condannato per associazione mafiosa, è stato eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti di 5 soggetti, appartenenti alla famiglia ma osa di Sciacca, ritenuti a vario titolo responsabili di partecipazione ad associazione ma osa, estorsione e favoreggiamento con l’aggravante di agevolare Cosa nostra. In particolare, l’indagine ha appurato la pianificazione di danneggiamenti nei confronti di imprenditori e di operatori economici, al  ne di esercitare sul territorio la tipica intimidazione ma osa. Inoltre, è stata documentata la progettazione di un omicidio in danno di un facoltoso imprenditore375, con l’intento di rilevarne le attività e le ricchezze. La vitti- ma designata, operante nel mercato ittico con interessi economici anche in nord Africa, sarebbe stata colpevole, secondo l’idea criminale di uno degli indagati, “…di aver comprato il magazzino in cui lui e i suoi fratelli lavoravano da una vita, facendogli un grave “sgarro” perché avrebbe dovuto acquistarlo lui…”.

L’investigazione ha, inoltre, dis- velato due orientamenti di carattere strategico. Il primo relativo alla ricostituzione di una rete di relazioni, anche internazionali. Sono stati documentati, infatti, i rapporti intrattenuti da affiliati a Cosa nostra di Sciacca con altri ma osi operanti nel territorio di Porto Empedocle (AG), Castelvetrano (TP), Castellammare del Golfo (TP) e con taluni personaggi contigui alla famiglia ma osa Gambino di New York. Al riguardo, è stato accertato come il vertice della famiglia di Sciacca, avesse cominciato ad intraprendere contatti con associati ma osi agrigentini emigrati in Canada e soprattutto negli Stati Uniti d’America, al  ne di avviare e controllare nuove attività economiche. Il secondo orientamento è stato mirato ad indebolire il presidio di contrasto alla criminalità organizzata, incidendo sui regimi detentivi speciali. L’indagine ha infatti disvelato i rapporti intessuti da parte di un indagato con un politico, al  ne di poter accedere all’interno di alcune “carceri” italiane – avendo in questo modo con- tatti con alcuni reclusi di Cosa nostra – con l’intento di incidere sulla gestione del sistema carcerario. In particolare: “…l’indagato con dava espressamente al proprio interlocutore di aver ottenuto un “contratto” con l’Onorevole … non per ragioni economiche e di lavoro bensì per la possibilità di fare ingresso nelle carceri e, più in particolare, per far visita ai detenuti sottoposti al predetto regime di “carcere duro” …”. Il progetto, in definitiva, non si limitava al proposito di mantenere i contatti con i mafiosi detenuti “…ma anche quello, ben più ambizioso, di interferire nella gestione del sistema carcerario italiano al  ne (di) ridimensionarne la portata af ittiva, uf cialmente per scopi nobili ma, in realtà, per alleggerire l’espiazione della pena ai propri sodali…”. Inoltre, “…l’indagato mirava a instaurare una interlocuzione con il D.A.P. al  ne di attenuare i regimi carcerari più duri previsti dall’ordinamento, ad esempio quelli della cosiddetta “alta sicurezza” …”.Al progetto sopra descritto, riguardante le pressioni da esercitare sul settore carcerario, stando alle parole dell’indagato, avrebbe dovuto dare il suo “contributo” il latitante Matteo Messina Denaro.

Recenti attività investigative hanno confermato l’ingerenza della ma a agrigentina nel tessuto politico-imprenditoriale, avvalendosi anche delle reti di conoscenze di soggetti appartenenti a logge massoniche. Al riguardo, nel semestre in esame, un’indagine, denominata “Halycon”, ha permesso di ricostruire e attualizzare l’assetto e gli interessi criminali della famiglia di Licata e di documentarne le dinamiche funzionali all’infiltrazione di rilevanti attività imprenditoriali in via di realizzazione nell’agrigentino. Le attività investigative hanno in particolare rivelato come gli indagati mantenessero “…il collegamento con esponenti di altre famiglie di diverse articolazioni territoriali di Cosa nostra della Sicilia orientale ed in particolare con gli esponenti della famiglia di Caltagirone al  ne di alterare le ordinarie e lecite dinamiche imprenditoriali” .

Si legge ancora nel provvedimento di fermo come “…ciò che risulta avere reso ancor più evidente il potere esercitato dal gruppo ma oso capeggiato dal … è la dimostrata capacità di quest’ultimo di inserirsi in talune logge massoniche…av- valendosi altresì dei rapporti con un insospettabile funzionario della Regione Siciliana, a sua volta Maestro venerabile della loggia massonica “…” di Palermo, il quale risulta avere sistematicamente messo a disposizione della consorteria ma osa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni…”.

L’indagine, collegata all’operazione “Assedio” dello scorso semestre, ha ricostruito in definitiva l’assetto e gli interessi criminali di una pericolosa articolazione di Cosa nostra facente parte della famiglia ma osa di Licata, evidenziando lo spessore di un soggetto “…definitivamente riconosciuto quale esponente ma oso di spicco dell’intera provincia agrigentina…”. 

Dello stesso un collaboratore di giustizia ha riferito “…so che gli dicono professore, so che è un vecchio uomo d’onore, ha badato sempre, è sempre stato uno dei punti di riferimento come uomo d’onore a Licata”. Più in dettaglio per quanto riguarda questo capoma a agrigentino sono stati descritti i suoi rapporti con l’esponente di vertice della famiglia catanese dei La Rocca che in un’occasione “…aveva ritenuto opportuno incontrare…… il professore, al  ne di comprendere in anticipo la posizione dell’opposta fazione…di cui lo stesso…era il rappresentante”. L’infiltrazione delle consorterie criminali nel mercato dei pubblici appalti resta tra i principali affari mafiosi.

 Gli Enti pubblici e parastatali fanno sempre più ricorso ad affidamenti di lavori (manutenzione del verde, edilizia scolastica, rifacimento stradale) senza procedere a gare d’appalto. Tale pratica, giustificata spesso da asserite circostanze di urgenza e necessità – in realtà insussistenti od artatamente provocate – impone procedure di affidamento diretto e non negoziato superando, di fatto, quelle concorsuali. Infine, sono emerse interferenze della criminalità nella gestione del ciclo dei rifiuti. Anche nel semestre in esame si sono veri cati episodi di intimidazione ai danni di esponenti delle istituzioni e della società civile che, sebbene non sempre direttamente riconducibili a specifiche dinamiche mafiose, sono indice della pressione esercitata sul territorio.

Molto rilevante si conferma la capacità di condizionamento di Cosa nostra agrigentina nei confronti dell’attività politico–amministrativa.

A questo proposito si evidenzia che è stato prorogato per ulteriori sei mesi lo scioglimento del Comune di Camastra. L’azione della Commissione è stata mirata alla riorganizzazione della struttura organizzativa dell’En- te ed alla rimodulazione della pianta organica; altri interventi sono stati previsti in ordine al contrasto dei fenomeni di evasione tributaria ed alla riduzione dei livelli di spesa. In effetti, anche se “…gli interventi posti in essere dalla commissione straordinaria sono stati  n da subito improntati al ripristino delle condizioni di legalità ed imparzialità dell’azione amministrativa…”, tuttavia “…le attività istituzionali del Comune continuano a svolgersi in un contesto ambientale fortemente compromesso dalla radicata presenza di potenti sodalizi di tipo ma oso…”. 

Le iniziative intraprese, quindi, pur attivando percorsi virtuosi, non possono ritenersi concluse.Anche per quanto riguarda San Biagio Platani è stata disposta la proroga dello scioglimento per ulteriori sei mesi. In questo caso l’organo di gestione straordinaria ha programmato, tra l’altro, la ristrutturazione del depuratore comunale ed interventi che interessano la rete idrica con la posa in opera di misuratori di consumo per le singole utenze, la definizione delle procedure per realizzare un’area di stoccaggio temporaneo dei rifiuti e quelle per la gestione “in house” del servizio integrato dei rifiuti. È quindi opportuno che tali iniziative “…per le quali è previsto un ingente stanziamento economico, proseguano in costanza della gestione straordinaria, tenuto anche conto che investono un settore intorno al quale, notoriamente, ruotano gli interessi della criminalità organizzata”.

Sul fronte dell’aggressione patrimoniale, nel mese di ottobre 2019 è stato eseguito un sequestro384 di beni immobili, quote societarie e disponibilità  finanziarie, riconducibili ad un soggetto di Agrigento, arrestato nell’ambito dell’operazione “Nuova Cupola” del 2012, all’epoca a capo della famiglia di Santa Elisabetta ma osa. 

Nello stesso mese, un altro provvedimento di sequestro ha interessato un soggetto appartenente alla famiglia ma osa di Cattolica Eraclea (AG), arrestato nell’ambito dell’operazione denominata “Icaro”, che nel 2016 aveva colpito alcune famiglie mafiose agrigentine.

Nel periodo in esame, inoltre, si segnalano alcuni provvedimenti interdittivi antimafia emessi dalla locale Prefettura nei confronti di aziende a rischio in infiltrazione mafiosa. Tra di esse imprese di pompe funebri, ditte edili e di noleggio macchine ed attrezzature, società di commercializzazione di ortofrutta e di prodotti parafarmaceutici, tutte considerate permeabili alle in filtrazioni mafiose.

Altro ambito criminale essenziale per rinvigorire le casse di Cosa nostra agrigentina è il traffico internazionale di stupefacenti. Accanto ad attività di spaccio non necessariamente condotte da appartenenti alle consorterie ma ose – come è stato accertato nella operazione “Fortino”387 che ha portato al fermo di alcuni soggetti di Favara e di un extracomunitario originario del Ghana – si assiste sempre più spesso ad azioni criminali “interprovinciali”: è il caso dell’operazione “Lulu”, che ha colpito un sodalizio dedito allo spaccio di “cocaina” ed “hashish” sul territorio di San Cataldo (CL) e Canicattì (AG) e dell’operazione “Exitus”, che ha interessato i comuni di Gela (CL), Parma e Licata (AG) e che ha portato all’arresto 4 soggetti, di cui uno agrigentino, per associazione ma osa ed altri reati connessi.

Si evidenzia anche un’indagine, denominata “Capolinea”, che ha accertato la presenza di spacciatori nei pressi di scuole e centri di aggregazione giovanile. L’approvvigionamento della droga avveniva mediante autobus di linea della tratta Palermo-Licata.

Anche in provincia di Agrigento, in ne, sono state rinvenute, nel semestre in esame, piantagioni di cannabis indica.

Nel contesto criminale agrigentino, in ne, continuano ad operare gruppi criminali stranieri tollerati da Cosa nostra, in quanto dediti a pratiche illecite di basso pro lo, come il menzionato spaccio di stupefacenti, il riciclaggio di materiale ferroso, le rapine, i furti in abitazione, lo sfruttamento della prostituzione, ma che si occupano anche di sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Si evidenzia in ne un’indagine che ha comportato un fermo di indiziato di delitto nei confronti di soggetti dediti allo sfruttamento del lavoro. L’operazione ha disvelato l’attività di un’organizzazione criminale dedita all’immissione illegale di cittadini extracomunitari dell’Est Europa, impiegati quali braccianti agricoli in condizione di grave sfruttamento.

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