Giudiziaria

“Chi toglie il pane a mio nipote gli tolgo la vita”, Cassazione conferma carcere 

L'inchiesta su un giro di estorsioni aggravate dal metodo mafioso a Canicattì

Pubblicato 1 mese fa

La Corte di Cassazione conferma la misura cautelare della custodia cautelare in carcere nei confronti di Giovanni Turco, 24 anni, di Canicattì, coinvolto insieme ad altre due persone nell’inchiesta su un giro di estorsioni aggravate dal metodo mafioso. L’avvocato del giovane, Giacinto Paci, ha impugnato l’ordinanza del gip del tribunale di Palermo che tuttavia è stata confermata anche dalla Cassazione. Il gip ha disposto il giudizio immediato, oltre che per Turco, anche nei confronti di Antonio Maria, 74 anni, e  Antonio La Marca, 34 anni. Il primo ha presentato ricorso ai giudici di Ermellini che si pronunceranno il prossimo 15 novembre mentre il secondo ha rinunciato.

Tra gli episodi contestati anche una estorsione ai danni della proprietaria di un magazzino a Canicattì. Maira, paventando la sua appartenenza alla Stidda, avrebbe minacciato e costretto la signora a non affittare i suoi locali a soggetti che avevano intenzione di aprire una officina e che avrebbero potuto dunque creare concorrenza a La Marca, titolare della medesima attività commerciale. “Chi gli toglie il pane a mio nipote io gli tolgo la vita .. mi conosce a me? Sa chi sono io? Tuo figlio non ne deve affittare .. per soverchia..”. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Agrigento e dal Commissariato di Canicattì sono iniziate ad Aprile dello scorso anno in seguito al danneggiamento seguìto da incendio che ha interessato la saracinesca di un magazzino nel territorio di Canicattì.

Il principale personaggio dell’intera inchiesta è certamente Antonio Maira: una lunga lista di precedenti ma soprattutto uno spessore criminale non indifferente. Già dalla fine degli anni ottanta viene indicato come uno dei membri del “paracco” canicattinese – insieme agli Avarello e ai Gallea – che ben presto si trasformerà nella ben più nota Stidda che dichiarò guerra a Cosa nostra. Una lunga scia di morti che ha insanguinato la provincia di Agrigento. Sono diversi i collaboratori di giustizia che hanno riferito l’appartenenza di Maira alla Stidda.

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