Mafia

Amministrazione giudiziaria per nove società ex deputato Ars Nicotra

Nove societa' del valore di 30 milioni

Pubblicato 3 anni fa

Nove societa’ del valore di 30 milioni di euro riconducibili all’ex deputato regionale Raffaele ‘Pippo’ Nicotra, 64 anni, sono state poste in amministrazione giudiziaria per un anno dalla sezione misure di prevenzione del tribunale diCatania. Riguardano aziende direttamente o indirettamente, in quanto intestate a suoi strettissimi congiunti, che operano nel settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso di prodotti alimentari, della gestione ed elaborazione di dati contabili amministrativi e commerciali e della compravendita di immobili.

Il provvedimento e’ stato notificato dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Catania a Nicotra attualmente agli arresti domiciliari, a seguito di una condanna in primo grado a sette anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. E punta, viene spiegato, a “bonificare ed impermeabilizzare” il complesso delle strutture imprenditoriali di Nicotra, la cui gestione e’ fortemente sospettata di “essere stata orientata al fine di agevolare la famiglia di Cosa nostra etnea Santapaola-Ercolano, di cui gia’ precedenti attivita’ investigative e le conseguenti vicende giudiziarie avevano certificato la sua particolare vicinanza, in particolare al gruppo di Aci Catena”.

Due volte sindaco di Aci Catena e quattro volte deputato all’Ars passando inizialmente dal Nuovo Psi, all’Mpa, per poi trovare posto prima nel Pdl, poi nell’Udc, in Articolo 4 e per ultimo nel Pd, Raffaele Pippo Nicotra, e’ un imprenditore a capo di una catena di supermercati tanto da essere stato soprannominato il ‘re’ dei supermercati. Arrestato nell’ottobre del 2018 nell’operazione “Aquila”, e’ stato condannato col rito abbreviato, dal gup Anna Maria Cristaldi, a 7 anni e 4 mesi di carcere (la procura aveva chiesto 9 anni e 4 mesi) per tentata estorsione e concorso esterno alla mafia, e assolto dal reato di corruzione elettorale come chiesto dalla procura. Secondo l’accusa avrebbe pagato 50 mila euro per avere l’appoggio del clan Sciuto ‘Tigna’ di Acireale, legato alla ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano, alle elezioni per le Regionali in Sicilia del 2008 e 50 euro a voto per la competizione successiva, nel 2012, all’Ars.

Inoltre, grazie al suo ruolo di imprenditore titolare di numerosi supermercati, avrebbe favorito economicamente il clan. Di Raffaele ‘Pippo’ Nicotra hanno parlato i pentiti della cosca Santapaola a partire da Santo La Causa che ha raccontato di averlo incontrato travestendosi da benzinaio e di avergli parlato della necessita’ di cambiare la destinazione d’uso di alcuni terreni che aveva preso di mira. 

Il primo provvedimento nei confronti di Nicotra risale alla primavera del 1993 quando il prefetto di Catania lo rimosse dalla carica di sindaco di Aci Catena, Comune poco dopo sciolto per infiltrazioni mafiose. In quel caso l’allora primo cittadino aveva chiesto ai carabinieri di Acireale di rimovere il divieto di esequie pubbliche per il funerale del cognato di Sebastiano Sciuto, boss del clan Santapaola, ucciso durante un assalto a una gioielleria. Per la Dda di Catania le intercettazione dell’operazione ‘Aquilia’ e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia dei clan Santapaola e Laudani avrebbero “ulteriormente cristallizzato la stretta contiguita’ del Nicotra con gli elementi apicali dell’associazione mafiosa, con particolare riferimento anche al reperimento di consensi elettorali a suo favore nel corso delle competizioni all’Ars e che, poi, di fatto, ne hanno determinato l’elezione a deputato regionale, carica da lui rivestita sino al dicembre 2017”.

La richiesta di l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria si basano su un’indagine economico-finanziaria della sezione Misure di prevenzione del Nucleo investigativo dei carabinieri di Catania che “hanno svelato in maniera evidente come il Nicotra, anche grazie alla sua attivita’ imprenditoriale (iniziata nel 1983 ed incrementatasi sino al raggiungimento dell’attuale consistenza), nel corso degli anni, abbia ampiamente agevolato l’attivita’ di soggetti facenti di Cosa nostra etnea”. L’impreditore avrebbe “sollecitato, direttamente o indirettamente, dal 2005 al 2012, i vertici dei Santapaola a reperire voti per se’ o per soggetti da lui individuati”, “pagato stabilmente gli ‘stipendi’ degli affiliati detenuti”, “impiegato, nelle proprie attivita’ commerciali o in quelle da lui influenzabili, anche in considerazione del ruolo politico ricoperto, numerosi familiari di appartenenti al clan” e avrebbe “riciclato, di fatto, denaro ‘sporco’ attraverso la sua attivita’ imprenditoriale”.

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