Agrigento

Blitz “Kerkent”, Massimino si proclama boss: “Sono il nuovo papà”

L’operazione Kerkent, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, ha permesso di disarticolare un’associazione a delinquere con base operativa ad Agrigento e ramificazioni, in particolare, nel palermitano ed in Calabria, dedita all’organizzazione sia degli aspetti operativi che di quelli logistici di un’intensa attività di traffico di sostanze stupefacenti, attraverso uno strutturato gruppo criminale armato. Nel […]

Pubblicato 5 anni fa

L’operazione
Kerkent, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, ha
permesso di disarticolare un’associazione a delinquere con base operativa ad
Agrigento e ramificazioni, in particolare, nel palermitano ed in Calabria,
dedita all’organizzazione sia degli aspetti operativi che di quelli logistici
di un’intensa attività di traffico di sostanze stupefacenti, attraverso uno
strutturato gruppo criminale armato.

Nel
corso dell’inchiesta Kerkent è venuta fuori una importante circostanza che
rivela come Antonio Massimino dopo la sua scarcerazione, avvenuta
il 15 gennaio 2015, abbia riacquisito una posizione di vertice nell’ambito
nella consorteria mafiosa agrigentina, grazie “all’imprimatur” del boss
mafioso Cesare Calogero Lombardozzi deceduto nel maggio 2017.

In
particolare, lo si evidenzia dalle dichiarazioni intercettate dei sodali e dai
frequenti e riservati contatti che Massimino ammette di aver intrattenuto con Lombardozzi,
interlocutore di assoluto spessore criminale e degno di assoluto rispetto, in
virtù del suo ruolo ricoperto nell’ambito delle dinamiche mafiose della
provincia di Agrigento.

Lombardozzi
è stato il principale punto di riferimento sul territorio dell’ex capo mafia e
rappresentate provinciale Giuseppe Falsone, peraltro suo padrino di battesimo.

Grazie
alla parentela acquisita con i Motisi (famiglia mafiosa di Palermo), era colui
che intratteneva

i
rapporti direttamente con l’ex capo di Cosa nostra, Bernardo Provenzano.

Lombardozzi,
dopo l’arresto dei bosso mafiosi di Agrigento, Falsone e Di Gati, si era
occupato della completa ristrutturazione di alcune famiglie mafiose della
provincia di Agrigento ed aveva gestito le attività economiche del Falsone,
assegnando lavori in appalto e subappalto alle famiglie vicine
all’organizzazione.

Le
numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia, come Di Gati e Gagliardo, hanno evidenziato lo
spessore criminale del Lombardozzi.

In
particolare, si è evinto come quest’ultimo fosse la mente mafiosa della
provincia di Agrigento al quale rivolgersi per appianare ogni contrasto,

Lombardozzi
nell’ambito dell’operazione antimafia cosiddetta “Camaleonte”, era
stato arrestato nel 2007 e condannato alla pena di anni quindici di reclusione.

Alessio
Di Nolfo, uno dei principali collaboratori del Massimino in diverse occasioni
ha esternato che il predetto avesse assunto il ruolo di vertice nella famiglia
mafiosa di Agrigento-Villaseta.

Tale
investitura, a suo dire, sarebbe avvenuta direttamente ad opera di Cesare
Calogero Lombardozzi.

In
conversazioni intercettate tra Luca Siracusa, Alessio Di Nolfo e Emanuele
Formica
(Siracusa è fratello del genero di Lombardozzi) Di Nolfo ribadisce a Siracusa,
che il “posto” ricoperto da Lombardozzi è stato ceduto a Antonio Massimino.

Poi, Alessio
Di Nolfo riferisce alfa moglie Valentina Iacono che Antonio Massimino è
subentrato a Cesare Calogero Lombardozzi, nel comando della cosca mafiosa
locale, essendo rimasto l’unico “erede…”.

Ed
ancora, Antonio Massimino contatta Eugenio Gibilaro al telefono  e, nel tentativo di recuperare un credito, si
premura di far riferire al debitore Antonino Mangione una serie di minacce, e
nel corso della conversazione, Massimino si definisce il “Papa’ nuovo”,
ovvero il nuovo capo.

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