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La mafia agrigentina e la famiglia Gambino di New York: l’incontro a Favara

Dopo oltre mezzo secolo viene ancora una volta documentata una sinergia tra costra agrigentina e quella americana

Pubblicato 3 anni fa

A distanza di oltre mezzo secolo dal famoso incontro dell’ex capo della mafia agrigentina Giuseppe Settecasi, unico rappresentante dell’intera cosa nostra siciliana che partecipò alla storica riunione mafiosa di Apalachin (svoltasi il 14 novembre 1957, e cui presero parte i massimi esponenti di tutte le famiglie mafiose d’America), Cosa Nostra agrigentina vanta ancora oggi un privilegiato e saldissimo legame con quella statunitense. La straordinario elemento investigativo emerge da un’intercettazione dei carabinieri del Ros a carico di Giancarlo Buggea, diretta espressione del boss Falsone e membro apicale della mafia agrigentina, con Simone Castello, 71enne mafioso di Villabate noto come il “postino” di Bernardo Provenzano. L’incontro tra i due avviene il 2 maggio 2019 e al centro della discussione c’è la realizzazione di una sinergia criminale con esponenti di cosa nostra americana per un investimento illecito transazionale nel settore delle carte di credito con copertura illimitata. 

Buggea spiega che a proporgli l’affare era stato un tale “Peppe Pirrera, un amico mio di Favara…malato di mafia”, il quale gli aveva raccontato che il proprio figlio era andato in America per trovare un amico e che quest’ultimo adesso era venuto in Sicilia e voleva concludere “una operazione”, attraverso dei “bonifici” e delle carte di credito con cui potevano essere fatti arrivare in Italia “denari” di sicura provenienza illecita, all’evidenza frutto di attività criminali perpetrate alla fonte da esponenti di cosa nostra americana. Dall’analisi delle complessive attività tecniche registrate tra il 20 ed il 27 aprile 2019 dalle quali emergeva che il Pirrera si era occupato di “triangolare”, sia il 20 che il 23 aprile, le riunioni mafiose tra Buggea e l’emissario di cosa nostra americano, utilizzando in entrambi i casi quale base operativa da cui raggiungere poi i luoghi concordati proprio il suo negozio sito in Favara. Buggea riferiva ancora al Castello che il referente americano si era presentato all’incontro del 20 aprile 2019 in compagnia di “una faccia conosciuta… di uno castrofilippese” e di due soggetti di nazionalità russa. 

LUna volta accreditatosi, “l’americano” aveva chiarito al Buggea l’oggetto del progetto criminale che si comprendeva essere riferito al riciclaggio transnazionale di ingenti somme provenienti da Singapore. Dopo avere fornito ulteriori dettagli circa la natura ed il valore dell’operazione propostagli dall’emissario americano, Buggea ipotizzava degli scenari operativi da mettere in atto. A suo avviso dovevano essere compiute le necessarie operazioni di riciclaggio che gli erano state proposte dall’”americano”, utilizzando la commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli oppure mediante una società che, inizialmente in possesso di un buon fatturato, venisse poi spogliata delle ingenti somme che le sarebbero fatte arrivare come corrispettivo di affari fittizi. Rimarcando l’ampia disponibilità che aveva manifestato il promotore del progetto sulla percentuale di soldi che lo stesso Buggea e l’intera cosa nostra avrebbero potuto trattenere a fronte della somma complessiva (riciclata), il canicattinese aggiungeva testualmente che (i mafiosi americani) “hanno bisogno di noialtri che senza di noialtri non possono fare niente”. 

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