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La stidda gelese e la tentata estorsione alla ditta agrigentina: “Ti faccio saltare tutte cose”

Nell’inchiesta Chimera, che ha fatto luce sul clan Sanfilippo, emerge una tentata estorsione ai danni di una ditta edile agrigentina

Pubblicato 3 anni fa

C’è anche una tentata estorsione ai danni di un’impresa di Agrigento tra i reati contestati ai vari esponenti del clan Sanfilippo, appartenente alla Stidda di Mazzarino, colpiti duramente dalla maxi operazione dei carabinieri del Comando Provinciale di Caltanissetta denominata “Chimera”. In tutto 55 le persone raggiunte da misure cautelari (37 in carcere di cui 8 già detenuti per altra causa, 13 ai domiciliari di cui 1 già detenuto per altra causa, 2 obblighi di presentazione alla P.G., 3 misure interdittive allo svolgimento di attività professionali).  Nell’inchiesta, inoltre, è stata fatta luce anche su due omicidi commessi nel 1984 (un operaio edile di 22 anni di Mazzarino, Benedetto Bonaffini, sospettato di appartenere ad uno dei gruppi criminali rivali) e nel 1991 (Luigi La Bella, sospettato di essere il custode delle armi per conto di uno dei clan rivali, prima di essere strangolato, sarebbe stato lungamente interrogato, percosso e, addirittura, mutilato mediante il taglio delle orecchie, del naso e delle dita)  per consolidare la supremazia della “famiglia Sanfilippo” sui gruppi mafiosi rivali.

La tentata estorsione ai danni della ditta agrigentina, che si stava occupando dei lavori di rifacimento della facciata del comune di Mazzarino, è contestata a Paolo Sanfilippo e al cugino Samuel Fontana. Il primo incontro avviene nel febbraio 2018 quando l’indagato avvicina un operaio del cantiere che aveva risposto di non poterlo assumere poiché “dobbiamo fare solo sta torretta e non c’è nemmeno un mese di lavoro …” In una intercettazione ambientale captata Sanfilippo spiega al cugino il dialogo avuto con l’operaio: “A me non mi interessa gli ho detto, io ho bisogno di lavorare … inc … io domani voglio la risposta! Di Agrigento sono … E ancora: “digli al capo che domani voglio la risposta, se no te ne vai al paese tuo e qua non ci vieni più gli ho detto …Non ci metti più piede che ti faccio saltare tutte cose gli ho detto … mi deve fare lavorare se no succede l’inferno gli ho detto!” 

L’intenzione, secondo quanto ricostruito dalle intercettazioni degli inquirenti, appare chiara:Mi deve fare lavorare se no gli butto tutto in aria, ci smonto il ponte davanti al Comune, chiamo un camion e me lo tiro cosi! E pure si mi arrestano me ne importa una minchia tre giorni mi faccio, ma intanto lui mi deve  fare lavorare” – aggiungendo – che qualora non avessero assecondato le sue richieste avrebbe coinvolto anche esponenti della criminalità agrigentina: “Pure ad Agrigento li abbiamo amici…“.

Richieste perentorie che, sebbene non abbiano poi avuto riscontri in quanto agli atti Sanfilippo non risulta essere stato poi assunto, hanno avuto l’effetto intimidatorio sul capo-cantiere che – sentito successivamente dai carabinieri – nega le minacce ricevute non riconoscendo addirittura la persona che lo aveva avvicinato: “Normalissime richieste e mai sotto la minaccia. Non mi ricordo di questa persona e non so come si chiama”.

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