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L’avv. Porcello accusa i mafiosi di Canicattì, Campobello, Palma, Naro, Castrofilippo e Ravanusa: tutti i nomi

Parla dei mafiosi che conosce e che operano attualmente

Pubblicato 3 anni fa

I primi nomi di mafiosi attualmente attivi e operanti in provincia di Agrigento, l’avv.Angela Porcello li fa nell’interrogatorio del 26 maggio scorso davanti ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Paolo Guido (aggiunto) Claudio Camilleri e Francesca Dessì.

Già nel numero scorso vi abbiamo narrato dei mafiosi di Favara e Licata e adesso proseguiamo seguendo il racconto che l’avvocato sottoscrive avanti i pm. Parla dei mafiosi che conosce e che operano nei territori di Naro, Campobello di Licata, Canicattì, Ravanusa, Palma di Montechiaro, Castrofilippo. L’importanza di queste dichiarazioni, indipendentemente dalla valutazione (negativa) che fanno i magistrati in relazione alla reale volontà di collaborare della Porcello, sta nel fatto che si parla di mafiosi operanti adesso, in questo preciso momento e non come avvenuto in passato di fatti e persone datate nel tempo.

E questo perché l’inchiesta Xydi, che ha disarticolato numerosi mandamenti della Provincia di Agrigento e aperto numerosi files riguardanti la mafiosa siciliana, è stata condotta in tempo reale, sviluppando temi investigativi attuali e non del passato. Non a caso il lavoro investigativo di “Xydi” condensato nel provvedimento di fermo annovera tra le sue carte investigazioni datate gennaio 2021.

Ecco il racconto di Angela Porcello dopo aver ammesso di aver fatto parte dell’associazione criminale “Cosa nostra”:

Adr: della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro, Buggea mi aveva parlato di Luigi Castellana, che so che si occupava di sostenere economicamente soggetti detenuti nonché di gestire i proventi delle “sensalie”, settore in cui aveva un ruolo di vertice. Conosco anche uno dei Pace, appartenenti al paracco, che lavorava mi sembra in una palestra e poi si era trasferito in Germania, era fratello e cugino degli altri noti Pace. Ho poi conosciuto omissisNicola  Ribisi,  che mi è stato presentato da Antonio Chiazza nel corso di un’udienza in cui il Ribisi era assistito da un mio collega difensore.

Adr: della famiglia mafiosa di Ravanusa, Buggea mi ha parlato, oltre che di Luigi Boncori, di Giuseppe Gambino, che però non ho mai conosciuto personalmente ma so che aveva recentemente incontrato lo stesso Buggea. Buggea aveva necessità di capire come mai i familiari di Giuseppe Falsone avessero difficoltà economiche, visto che era a conoscenza di numerose attività commerciali molto redditizie intestate a terze persone, fra cui le imprese impegnate nei lavori di costruzione dei centri commerciali di Racalmuto e di Villaseta. Per questa ragione Buggea, una volta scarcerato, voleva conoscere il motivo per cui i familiari di Falsone non avevano percepito i proventi di tutte queste attività e pensava che Giuseppe Gambino potesse saperlo perché, nel periodo 2005/2010 (in cui Buggea era in carcere) costui era in libertà. Buggea mi aveva detto che Gambino gli aveva confermato che Falsone era titolare di diversi beni.

Adr: della famiglia mafiosa di Canicattì, Buggea mi ha parlato ovviamente di Calogero Di Caro che però io non ho mai conosciuto anche perché era agli arresti domiciliari. Ancora, i fratelli Calogero, Roberto e Gioacchino Ferro (che io ho difeso nel 2016); Buggea conosceva quest’ultimo. Roberto Ferro era stato assolto, Gioacchino Ferro condannato per concorso esterno, Calogero l ‘ho assistito in una fase successiva al processo.

Totò Di Gioia, deceduto, era il più intimo e stretto sodale di Giancarlo Buggea ma io non l ‘ho mai conosciuto; Buggea mi aveva detto che, ad esempio, erano stati a Napoli per dirimere una vicenda economica e altre circostanze.

A Canicattì ci sono i fratelli Maurizio e Vincenzo Leone e il loro cugino Giuseppe; di questi, l’unico condannato per mafia è Vincenzo, in relazione al quale Buggea mi aveva riferito alcuni episodi, attinenti a proventi di estorsioni e alla latitanza di Falsone. Buggea però parlava di tutti questi Leone come di soggetti appartenenti a cosa Cosa nostra, non solo di Vincenzo che è l ‘unico ad aver riportato condanna.    Ancora, Lillo Gioia, che è anziano e che mi è stato presentato da Buggea, il quale si lamentava del fatto che questo Gioia gestiva qualche affare mafioso. Poi Buggea mi aveva parlato dì Giuliana Giuseppe che, nonostante originario di Delia, faceva parte della famiglia di Canicattì.

Devo precisare che Giancarlo Buggea non aveva buoni rapporti con Canicattì perché aveva dissidi sia con Calogero Di Caro sia con Giuseppe Giuliana, quindi lui si sentiva più legato alla famiglia di Campobello di Licata. Infatti, Buggea usava il Giuliana per le cose di bassa manovalanza e il Di Caro aveva avuto dei dissidi in passato anche con il Falsone. Ho conosciuto anche il Di Bella citato nelle intercettazioni indicate nel provvedimento cautelare che mi ha attinto e so che costui era appartenente a Cosa nostra.

A Canicattì ci sono poi Chiazza Antonio, Fazio, Rinallo, Cigna, i fratelli Migliore, Gallea, tutti facenti parte della Stidda per come riferitomi dal Buggea, che vi entra in rapporti per le “sensalie”; mi sono recata dal Rinallo, in una circostanza, per conto del Buggea perché Rinallo era in regime di semilibertà e prestava lavoro in un’associazione volontaristica e pertanto lo stesso Buggea mi aveva mandato da lui per dirgli di non accompagnarsi a pregiudicati, di astenersi dal commettere atti intimidatori (che in quel periodo nel territorio erano frequenti) e di incontrare il Buggea solo a casa di quest’ultimo e rivolgendosi per l’appuntamento a Giovanni Chiarelli, titolare di un supermercato esercitato in locali di proprietà dello stesso Buggea.

Adr: della famiglia di Campobello di Licata fanno parte Giuseppe Puleri, Angelo Middioni, Michele credo Montaperto (credo già condannato). Buggea lamentava il fatto che Puleri si fregiava di essere appartenente a Cosa nostra e di essere il rappresentante della famiglia nonostante, a detta del Buggea, non fosse stato formalmente investito di questo ruolo; secondo quanto riferitomi dal Buggea, c’era una vacatio al vertice di questa articolazione mafiosa.

Secondo Buggea, avrebbero potuto essere più ”titolato” in tale ruolo il fratello di Giuseppe, Davide Puleri, che veniva a ritirare il denaro per il sostentamento della propria famiglia.

Sono a conoscenza del contenuto del biglietto che Angelo Middioni aveva mandato a Giuseppe Sicilia perché me lo aveva riferito Buggea, cioè la necessità di denaro perché Middioni non ne riceveva e dunque conteneva una richiesta di denaro.

So che tale biglietto era arrivato tramite i calabresi Pesce e Pelle che erano detenuti insieme al Middioni e lo avevano spedito ai loro familiari i quali a loro volta lo avevano fatto arrivare a Buggea.

Adr: Sicilia e Puleri avevano con i calabresi che ho appena nominato un rapporto molto stretto, già prima dell’arresto di Angelo Middioni, che pure intratteneva tale rapporto; ne sono a conoscenza perché me lo avevano riferito loro e me lo aveva confermato anche Buggea, che mi aveva riferito trattassero traffici di sostanze stupefacenti.

Adr: so che esiste una famiglia mafiosa di Castrofilippo ma non ne conosco gli appartenenti, a parte un certo Bartolotta che era stato arrestato per la vicenda del centro commerciale; io e Buggea abbiamo poi incontrato una sera un soggetto, di cui non ricordo il nome, che aveva circa 55/56 anni, sposato, agricoltore, condannato già per mafia e scarcerato.

Adr: con riguardo alla famiglia mafiosa di Naro, Buggea mi aveva parlato di un certo Carmine o Carmelo Vellini, un uomo  molto anziano, con il quale si era incontrato il 21 o 22 dicembre 2020, me lo ricordo perché era accaduto pochissimi giorni prima di Natale, presso l’ovile dei fratelli Curto che si trova nella strada che congiunge Naro con Canicattì. Era presente anche il genero di questo Vellini, un certo Costanza. La figlia di questo Vellini fa l’ufficiale giudiziario al Tribunale di Agrigento. Omissis

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