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Mafia, colpo al clan di San Giuseppe Jato: 9 arresti

Indagato anche l'ex comandante dei Vigili Urbani

Pubblicato 2 anni fa

Operazione “Jato Bet”: eseguite 10 misure cautelari. Arrestati elementi di spicco della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato per associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, accesso abusivo a sistema informatico, cessione di sostanze stupefacenti. Il blitz antimafia e’ scattato all’alba a San Giuseppe Jato e a San Cipirello, dove i militari del Nucleo Investigativo del Gruppo carabinieri di Monreale hanno dato esecuzione a 10 provvedimenti cautelari (8 in carcere, uno ai domiciliari e una sospensione dall’ufficio a carico dell’ex comandante della Polizia municipale di San Giuseppe Jato che avverti dei controlli a carico di un boss) emessi dal gip di Palermo, su richiesta del pool di magistrati della Direzione distrettuale antimafia, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca.

I reati contestati agli indagati, 6 dei quali vengono ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, riguardono il periodo tra febbraio 2017 e novembre 2019, durante il quale il Gruppo di Monreale ha monitorato gli assetti criminali interni allo storico mandamento mafioso, riorganizzatisi dopo le operazioni “Nuovo Mandamento” (2013), “Quattro.Zero” (2014), “Montereale” (2016) e “Nuovo Papa” (2017). Forti le pressioni sul fronte delle estorsioni a San Giuseppe Jato (in particolare ai danno di un centro scommesse), i cui proventi erano destinati alle famiglie dei detenuti; ma anche nel settore edilizio, attraverso il conseguimento di diversi appalti, sia nella valle dello Jato che a Palermo: gli affiliati jatini erano in rapporto con esponenti di famiglie mafiose del centro cui corrispondevano somme di denaro quali ‘messe a posto’ per lavori di edilizia privata eseguiti nelle zone di rispettiva operativita’).

E poi spaccio di hashish tra i territori di Palermo (mandamenti mafiosi di Santa Maria del Gesu’ e Porta Nuova) e San Giuseppe Jato. Ignazio Bruno, capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jqto, e Vincenzo Simonetti, suo autista e consigliere, arrestati nelle operazioni “Quattro.Zero” e “Montereale”, anche durante la loro detenzione, hanno mantenuto stabili contatti con gli altri associati oggi destinatari del provvedimento cautelare. In particolare, le comunicazioni avvenivano con Calogero Alamia (nipote di Antonino Alamia, elemento di vertice della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato e gia’ individuato quale cassiere del mandamento mafioso, attualmente detenuto), cui viene contestato il ruolo di promotore dell’organizzazione dal luglio del 2018, e Maurizio Licari.

Gli altri indagati per associazione mafiosa, tutti in qualita’ di partecipi, sono Nicusor Tinjala, Giuseppe Bommarito, storico esponente di Cosa nostra e gia’ condannato a 10 anni e 6 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso ed estorsione (sentenza divenuta irrevocabile nel 2006), ed i figli Calogero e Giuseppe Antonio. Il provvedimento eseguito oggi colpisce anche Massimiliano Giangrande (al quale non viene pero’ contestato il reato associativo). In piu’ occasioni il gestore di un centro scommesse tra cui le festivita’ di Pasqua del 2017, l’uomo ha consegnato a Licari Giuseppe Antonio Bommarito e Tinjala somme di denaro utilizzate sia per alimentare la cassa della famiglia mafiosa sia per i detenuti.

Inoltre, e’ stato possibile documentare l’autorevolezza del capo famiglia Calogero Alamia: solo grazie al suo intervento, infatti, e’ stato possibile ricomporre, nell’estate 2018, gravi contrasti tra membri della famiglia mafiosa che ambivano alla reggenza. Infine, tra i destinatari del provvedimento cautelare eseguito vi e’ il gia’ Comandante della Polizia Municipale di San Giuseppe Jato (oggi in pensione), al quale e’ stata applicata la misura della sospensione dall’ufficio o servizio. A lui viene contestato di essersi introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario della targa di un veicolo da cui erano stati scaricati rifiuti edili in un’area di quel centro monitorata da telecamere comunali. Il pubblico ufficiale avrebbe riferito, per sua iniziativa, l’esito dell’accertamento informatico svolto all’indagato Giuseppe Antonio Bommarito, consentendogli di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.

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