Mafia, è morto Matteo Messina Denaro
La cattura dell'ultimo superlatitante di Cosa nostra, il 16 gennaio scorso, arrivo' trent'anni e un giorno dopo l'arresto di Toto' Riina
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro, 61 anni, e’ morto all’ospedale dell’Aquila dove si trovava ricoverato per un cancro al colon. Il boss era stato arrestato il 16 gennaio scorso in una clinica di Palermo dopo trenta anni di latitanza. Era in coma irreversibile da venerdi’ scorso. Al capezzale di Messina Denaro, nel nosocomio aquilano di San Salvatore, erano la figlia Lorenza, la nipote Lorenza Guttadauro e la madre del boss, l’ultraottantenne Lorenza Santangelo moglie di “Don Ciccio” Messina Denaro, capomafia della provincia di Trapani alla fine degli anni 80. Il boss di Cosa Nostra era in carico al team della terapia del dolore dopo la sospensione delle cure per il tumore in fase terminale. Era stato ricoverato in ospedale l’8 agosto scorso, dopo avere sostenuto le cure chemioterapiche nel carcere delle Costarelle, in cui era detenuto in regime di 41 bis.
La cattura dell’ultimo superlatitante di Cosa nostra, il 16 gennaio scorso, arrivo’ trent’anni e un giorno dopo l’arresto di Toto’ Riina da parte dei Ros. Riina era rimasto libero e ricercato 24 anni, per 43 era rimasto latitante Bernardo Provenzano, non e’ arrivato a compierne trent’anni esatti, Matteo Messina Denaro, che era in fuga da meta’ 1993 assieme al padre, Francesco. Lui mori’ il 30 novembre del 1998 in latitanza, nelle campagne di Castelvetrano (Trapani) paese di cui entrambi sono originari e Matteo lo fece trovare “conzato”, pronto per la sepoltura con l’abito buono. Per anni nella ricorrenza fece pubblicare necrologi sul Giornale di Sicilia, unico segno della sua esistenza in vita, messa in dubbio da piu’ di un collaboratore di giustizia ma su cui gli inquirenti del pool che gli dava la caccia mai avevano concordato o abboccato ai tentativi di far diminuire la pressione.
Morto Ciccio Messina Denaro, il testimone dell’ala corleonese della provincia di Trapani era stato raccolto da Matteo: in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannuncio’ l’inizio della sua vita in fuga. Diabolik, u Siccu, un volto invisibile, un’esistenza messa in dubbio nonostante avesse avuto una figlia, oggi ventenne. Il boss stragista, condannato per Capaci, via D’Amelio e per gli eccidi del 1993 a Roma, Firenze e Milano, oltre che per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito.
Di lui si trovarono lettere a Bernardo Provenzano, nel covo di Montagna dei Cavalli: “Qui a Marsala (Trapani, ndr) scriveva stanno arrestando pure le sedie”. Motivo per cui si diede alla sommersione, facendo il vuoto attorno a se’ e interrompendo qualsiasi collegamento. Intercettazioni e biglietti su di lui sono di anni e anni fa. Non scriveva personalmente ma qualcuno che teneva i contatti per lui doveva pur esserci. Operato in Spagna all’inizio degli anni Duemila, gli investigatori erano riusciti a ricostruire quale fosse la clinica iberica e a prendere il Dna. Decine gli omicidi per cui e’ stato condannato, fra questi Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo, che era incinta. Per il suo arresto, negli anni, furono impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine, di tutte le forze di polizia.