Lampedusa

Inchiesta antidroga Lampedusa: 13 condanne in Appello

La Corte d’Appello di Palermo, confermando quasi totalmente il verdetto di primo grado, ha condannato tredici persone coinvolte nella maxi inchiesta antidroga denominata “Lampedusa”. Accolta, dunque, la richiesta del procuratore generale Emanuele Ravagolioli. Lo scrive il quotidiano La Sicilia. In Appello sono stati condannati: Giuseppe Bronte, 24 anni, di Palermo (condanna a 5 anni di reclusione); […]

Pubblicato 3 anni fa

La Corte d’Appello di Palermo, confermando quasi totalmente il verdetto di primo grado, ha condannato tredici persone coinvolte nella maxi inchiesta antidroga denominata “Lampedusa”. Accolta, dunque, la richiesta del procuratore generale Emanuele Ravagolioli. Lo scrive il quotidiano La Sicilia.

In Appello sono stati condannati: Giuseppe Bronte, 24 anni, di Palermo (condanna a 5 anni di reclusione); Salvatore Bronte, 50 anni, di Palermo (8 anni e 1 mese); Salvatore Capraro, 30 anni, di Agrigento (8 anni e 2 mesi); Gianluca Gambino, 22 anni, di Cinisi (2 anni e 4 mesi); Andrea Giambanco, 54 anni, di Carini (5 anni e 4 mesi); Davide Licata, 32 anni, di Racalmuto (5 anni); Imam Maazani, 21 anni, nata e residente ad Agrigento (1 anni e 10 mesi e venti giorni); Francesco Portanova, 34 anni, di Palermo (7 anni e 8 mesi in continuazione); Emanuele Rizzo, 33 anni, di Palermo (7 anni anni e 9 mesi in continuazione); Gaetano Rizzo, 32 anni, di Palermo (8 anni e 8 mesi); Domenico Stilo, 30 anni, di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria) (5 anni e 4 mesi); Ivan La Spisa, 32 anni, di Palermo (1 anno e 4 mesi) e Calogero Vignera, 36 anni, di Agrigento (2 anni ).

Si tratta di un’inchiesta che prende il nome dell’isola che sarebbe stata la principale piazza di spaccio della cocaina calabrese. La droga acquistata dai trafficanti vicini alla ‘ndrangheta viaggiava sui furgoni degli ambulanti, da un lato all’altro dell’isola e solitamente nel cuore della notte. Partivano da Palermo, spingendosi a volte fino a Siracusa e Agrigento, si incontravano con i loro contatti, consegnavano hashish, marijuana o cocaina, ritiravano i soldi come da accordi e magari si piazzavano anche nei mercatini rionali con le le loro bancarelle visto che alcuni degli imputati ufficialmente erano mercatisti.

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