Poliziotto colpito al volto da detenuto in carcere, il sindacato Sappe: “Ora basta”
Torna al centro delle cronache il carcere di Noto
Torna al centro delle cronache il carcere di Noto. Come spiega Calogero Navarra, segretario per la Sicilia del SAPPE,” verso le ore 12,40 di oggi domenica, 24 agosto 2025 si è consumata l’ennesima aggressione contro un appartenente alla Polizia Penitenziaria: un Assistente Capo Coordinatore dei Baschi Azzurri è stato inviato d’urgenza all’ospedale dopo l’aggressione da parte di un detenuto facinoroso e poco incline al rispetto delle regole del carcere, che aggredisce per essere trasferito. Il PRAP e il DAP, con le loro assegnazioni, non hanno evidentemente capito che la Casa di reclusione di Noto, sia per la grave carenza organica che per le problematiche strutturali, non è un carcere adatto a ricevere soggetti facinorosi, ma le Autorità penitenziarie evidentemente sembrano sorde a questo dato oggettivo”. Il sindacalista evidenzia che “solo nel 2025, l’organico del Reparto ha perso 11 poliziotti per pensionamento o riforma e ne ha avuti assegnati solo 5: si rischia il collasso, già si fanno turni di 12 ore quasi quotidianamente, piani accorpati, come se il povero malcapitato fosse un “Superman” col dono di essere in piani detentivi diversi, oppure nello stesso piano si accorpano due sezioni che non consentono il controllo da lontano se non sul posto, come si si avesse il dono di essere contemporaneamente in due sezioni, la sicurezza è minima sia per la struttura che per la Polizia Penitenziaria”. Navarra, che esprime critiche sui ritardi per i soccorsi intervenuti, rileva una situazione paradossale a margine dell’aggressione: “il detenuto. in pieno orario di chiusura totale dell’Istituto, pretendeva di uscire dalla cella, per asciugarsi i capelli nella barberia del piano: ovviamente, il collega rifiutava la richiesta poiché si era in orario di chiusura, ma successivamente la cella dove era ubicato il detenuto facinoroso veniva aperta per consentire il ritiro della spazzatura e questi ne approfittava ed usciva e si andava ad asciugare i capelli in orario non concesso”.
E chiede che “venga sospesa subito la possibilità dell’uso del phon quando ciò non è possibile: occorre dare un segnale forte, se si vuole far capire che lo Stato c’è. Questo endemico e colpevole lassismo da parte dell’Amministrazione Penitenziaria sta portando all’implosione anche del carcere di Noto, che è stato sempre un modello di efficienza, ora affollato da soggetti non adeguati alla struttura, che destabilizzano l’ordine e la sicurezza interna dell’istituto e che stanno causando la convalescenza del poliziotto penitenziario aggredito e di chi manifesta malcontento, aggravando una già critica situazione dovuta alla carenza organica”.
Per il segretario per la Sicilia del SAPPE, “servono soluzioni politiche e strumenti di difesa per i poliziotti penitenziari”. Esprime solidarietà all’Assistente Capo coordinatore ferito ed ha parole di apprezzamento per la professionalità, il coraggio e lo spirito di servizio dimostrati dai poliziotti penitenziari di Noto: “Tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Che il Comandante di Noto dimostri che è con la Polizia Penitenziaria e revochi immediatamente la concessione dell’asciuga capelli e delle salette ricreative, mentre il DAP invii almeno 15 unità a settembre 2025 per ripristinare la sicurezza e la legalità”. Donato Capece, segretario generale del SAPPE, riconosce un cambiamento nel clima politico attuale: “Dobbiamo dare atto che, rispetto al passato, l’attuale governo e l’Amministrazione Penitenziaria hanno mostrato maggiore ascolto e sensibilità nei confronti delle criticità del settore. Ma proprio per questo ci aspettiamo di più. Serve uno sforzo ulteriore, più deciso e strutturale, perché non bastano le buone intenzioni: occorrono atti concreti, urgenti e coraggiosi.” Capece rivolge un appello alle istituzioni politiche: “E’ necessario rivedere l’organizzazione delle carceri, classificandoli in tre livelli: massima sicurezza, media sicurezza e custodia attenuata, atteso il fallimento degli attuali circuiti. Attraverso tale differenziazione si potrebbe differenziare anche la formazione del personale e prevedere un differente impiego di forze e di professionalità: in quelli di massima sicurezza più Polizia Penitenziaria, negli altri meno polizia e più educatori e assistenti sociali”. Lo storico leader nazionale del primo Sindacato del Corpo richiama un concetto fondamentale: “Sicurezza e diritti sono un binomio inscindibile anche quando si affronta la complessa realtà del sistema penitenziario, perché, salvi i casi più gravi, la doverosa esecuzione della pena deve costituire il presupposto per il ritorno alla vita civile del detenuto. In questa ottica, è necessario attivare al più presto i ruoli tecnici del Corpo: medici e psicologi nell’immediato e nel prossimo futuro anche quelli socio pedagogici. Professionisti del trattamento, evitando inutili commistioni e false illusioni, su un possibile ruolo della Polizia Penitenziaria in un compito che non è il suo”. E’ chiara e netta la visione del SAPPE sul ruolo del Corpo: “La Polizia Penitenziaria deve occuparsi di osservazione e sicurezza, della sicurezza di tutte le strutture del Ministero della giustizia, compresi i tribunali: deve fare osservazione, garantendo collaborazione all’organo giudiziario inquirente, a quello di sorveglianza e, infine, anche quello di cognizione, per i rispettivi compiti. Una forza di polizia moderna, pienamente inserita nel contesto generale delle Forze di polizia, come in parte già avviene nell’attività investigativa, attraverso il Nucleo Investigativo Centrale, NIC, che andrebbe trasformato in Servizio Centrale di polizia giudiziaria, l pari delle altre Forze di polizia, per avere più efficaci ed incisivi strumenti investigativi, visti i grandi successi conseguiti negli ultimi anni, sul fronte della criminalità organizzata e del terrorismo di matrice confessionale”, conclude Capece.