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Da ex agente di scorta del giudice Falcone a killer di mafia: condannato per un omicidio ad Alessandria della rocca

Sentenza e verbali dell'ex poliziotto oggi pentito

Pubblicato 3 anni fa

Da poliziotto che ha fatto parte anche del servizio di scorta negli anni ottanta del giudice Giovanni Falcone a spietato killer di cosa nostra. Pasquale Di Salvo, oggi collaborante di giustizia, è stato condannato dal tribunale di Palermo a otto anni di reclusione per l’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti, ucciso nel centro di Alessandria della Rocca il 13 settembre 1994.

Una condanna anche superiore ai cinque anni richieste dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo Gaetano Spedale, considerando anche le attenuanti della collaborazione. Il giudice Annalisa Tesoriere ha anche disposto il risarcimento del danno, da quantificare in sede civile, nei confronti di Vincenzo Di Girgenti, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Angelo Farruggia. Riceverà una provvisionale immediatamente esecutiva di 10 mila euro. Una storia davvero particolare quella di Pasquale Di Salvo: cacciato dalla polizia poiché trovato in Svizzera in compagnia di un rapinatore si avvicina alla famiglia mafiosa di Bagheria e, in particolare, ad Antonino Di Bella che lo stesso chiamerà “padrino”. Nel 2015 viene arrestato insieme ad altre trentasette persone nella maxi operazione “Panta Rei” che disarticola proprio l’intera famiglia. Le microspie registrarono le preoccupazioni di Di Salvo per un imminente arresto ed il progetto di fuga in Albania. Non ci riuscì. Finito in carcere decide di vuotare il sacco e intraprende un percorso di collaborazione con l’autorità giudiziaria. E’ il 2016. Tra i primi verbali svela i retroscena dell’omicidio di Di Girgenti, avvenuto nell’ambito di una faida nella Bassa Quisquina che nel giro di pochi mesi fu caratterizzata da diversi fatti di sangue: “Questo delitto è stato il mio trampolino di lancio” disse ai magistrati che stavano raccogliendo la sua confessione. L’agguato fu la risposta alla morte di Ignazio Panepinto, ucciso qualche mese prima nell’ambito della faida che si stava consumando nell’agrigentino. I familiari di quest’ultimo chiesero un killer alla cosca di Bagheria e fu indicato proprio Di Salvo: “Per questo omicidio ho ricevuto 12 milioni di lire in contanti e un go-kart dal valore di 3 milioni”. “Lei si rende conto che è passato dalla parte dei nemici del giudice assassinato?”, gli chiese il giudice Nicola Aiello quando lo arrestarono. Risposta secca: “”. “E non ha nulla da dire? Lo sapevo, ho sbagliato, ho sbagliato”.

IL VERBALE DEL NOVEMBRE 2016.

Di Salvo:Nel 93 vengono persone di Agrigento parlare con mio padrino, io lo chiamavo padrino, con Antonino Di Bella, che avevano bisogno di una persona per fare un omicidio, queste persone sono Luigi Panepinto e Maurizio Panepinto che aveva anche la scorta dei carabinieri [..] Calogero Panepinto non so se il cognato è pure Panepinto, un certo Giovanni c’era con loro.

Pm: “Che omicidio era?”

Di Salvo:C’era un personaggio che comandava lì ad Alessandria della Rocca.. Bivona.. quelle zone là, che all’epoca gli aveva ammazzato il padre, ma infatti queste persone avevano la scorta..”Pm: “Gli avevano ammazzato il padre?”
Di Salvo:
Il padre di Luigi e Maurizio Panepinto [..] era stato ucciso a seguito di problemi con un capomafia della zona, per dei lavori di una diga e cose varie, tanto loro ci avevano la calcestruzzo all’imbocco del ..
Pm:“Quindi per quale motivo?”
Di Salvo
: “Di quello che avevo capito io, perché non è che facevo domande, all’epoca era nata una guerra per il discorso della diga, dei lavori, perché loro avevano una cava e in più avevano il deposito della calcestruzzi, però siccome erano discorsi che a me non interessavano, ho fatto finta di niente”
Pm:“Si, e quindi questo omicidio è stato fatto?”
Di Salvo:
Si sono stato chiamato io personalmente e l’ho fatto da solo [..] da solo unitamente a loro che mi hanno dato spalla”
Pm:“In che senso?”
Di Salvo:
C’erano Giovanni e Calogero Panepinto la sera dell’omicidio”
Pm: “Lei non si ricorda come si chiamava questa persona?”
Di Salvo:
No io non l’avevo vista.. me l’avevano fatta vedere che era seduta davanti al bar e lo aspettai dove andava a prendere la macchina lui, presi una Fiat Punto..[..] mi vennero a prendere a Bagheria loro, che io già avevo preparato una macchina, una Uno rubata a Palermo, misi le targhe Agrigento che mi portarono loro e mi recai assieme a loro ad Agrigento”
Pm: “Di giorno o di sera?”
Di Salvo:
No di sera, fui ospitato in una casetta di campagna dove c’erano anche le armi per compiere l’omicidio, una pistola a tamburo..”
Pm: “Si ricorda dov’era questa casa?”
Di Salvo
: “No, perché facevamo delle vie interne, comunque c’era una grossa piantagione di pesche, che è di loro proprietà [..] sono stato lì due giorni perché aspettavamo che lui doveva uscire fuori e cose varie, poi una seria lui andò al bar e loro mi vennero a prendere, Calogero e Giovanni Panepinto, abbiamo fatto il cambio dell’auto”
Pm:“La macchina che avete preso per fare l’omicidio era sempre quella”
Di Salvo:“La portai ad Agrigento e la tenemmo chiusa pronta per utilizzarla per quello che dovevamo fare ,come infatti lì gli rimisi mi sembra le targhe di nuovo Palermo, la era sono uscito abbiamo tolto le targhe originali.. .originali, quelle targate Agrigento e ho messo di nuovo le targhe Palermo.
Pm:Quindi per tornare a Palermo ha messo di nuovo le targhe Palermo?”
Di Salvo:No, per compiere l’omicidio non per tornare perché l’abbiamo lasciata lì e l’abbiamo bruciata la macchina”.
Pm:“Che armi c’erano nel casolare?”
Di Salvo:C’era una doppietta e una pistola a tamburo non ricordo se era una 44 e tutti avevano la matricola abrasa
Pm:“Quindi prendete questa macchina…”
Di Salvo:Scendiamo giù in paese… dieci minuti, un quarto d’ora.. comunque è tutta in salita la strada perché è sopra un raduno .. Dopodiché scendiamo con la macchina e facciamo il giro del corso principale e ci accorgiamo che lui è davanti al bar che sta salutando per andare via, la macchina era parcheggiata in una traversa al corso principale [..] come lui è entrato in macchina si è abbassato il finestrino lato guida, quando lui si è abbassato.. siccome qua il marciapiede è piccolino, io ci sono andato incontro e gli ho sparato con il fucile a canne mozze”:
Pm:“Quindi lei aveva il fucile? E come lo teneva prima di intervenire cioè lo teneva nascosto?”
Di Salvo:
No, lo tenevo sotto l’impermeabile perché.. poi a pare che era corto con le canne tagliate..[..] quando lui è salito in macchina e ha abbassato il finestrino gli ho sparato direttamente in faccia”
Pm:“Ha avuto il tempo di cercare di scappare?”
Di Salvo:
“No, niente .. non ha capito niente onestamente.. da li sono sceso, abbiamo dato fuoco alla macchina, sono salito in macchina con loro .. con un’altra e siamo andati via”.

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