Giudiziaria

Mafia e massoneria a Licata, al via Appello per 10 imputati

In primo grado furono decise 8 condanne e 3 assoluzioni

Pubblicato 2 anni fa

Al via il processo d’Appello, con la formale richiesta della riapertura dell’istruttoria dibattimentale con conseguente audizioni di nuovi testimoni e produzione di documenti, scaturito dalla maxi inchiesta “Halycon-Assedio” che ha fatto luce sugli intrecci “pericolosi” tra politica, imprenditoria e massoneria a Licata. Sul banco degli imputati siedono dieci persone mentre un’assoluzione, non essendo stata impugnata, diventa definitiva. Si tratta della posizione di Giuseppe Galanti, 62 anni: l’accusa in primo grado ne aveva chiesto la condanna a dieci anni e otto mesi in qualità di cassiere della famiglia mafiosa. 

In primo grado erano state decise otto condanne: la pena più alta (20 anni) è stata inflitta ad Angelo Occhipinti, 66 anni, già condannato per mafia ed estorsione,  ritenuto il nuovo capo della famiglia di Licata; Dodici anni (12) a Raimondo Semprevivo, 48 anni, ritenuto il braccio destro del boss. Quest’ultimo è accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di un episodio di tentata estorsione in concorso con lo stesso Occhipinti. Dodici (12) anni anche a Giovanni Mugnos, bracciante agricolo, 54 anni, ritenuto “l’alter ego” di Giovanni Lauria, altro esponente di spicco di Cosa Nostra di Licata, imputato in un altro stralcio; Dieci anni e otto mesi (10 anni e 8 mesi) a Giuseppe Puleri, 41 anni, imprenditore, ritenuto membro della famiglia mafiosa di Campobello di Licata; Dieci anni e otto mesi (10 anni e 8 mesi) al farmacista Angelo Lauria, 46 anni. Stessa pena (10 anni e 8 mesi) a Lucio Lutri, 61 anni, funzionario della Regione Sicilia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lutri, in particolare, “grazie alle rete relazionale a sua disposizione quale Maestro venerabile della loggia massonica “Pensiero ed Azione” di Palermo, avrebbe “acquisito e veicolato agli appartenenti alla famiglia mafiosa informazioni riservate circa l’esistenza di attività di indagine a loro carico” e sarebbe intervenuto per favori di altra natura. Dieci anni e otto mesi (10 anni e 8 mesi) a Giacomo Casa, 65 anni, pastore, ritenuto uno dei membri del clan licatese. Due anni e quattro mesi (2 anni e 4 mesi) per l’elettrauto Marco Massaro, 36 anni, accusato di favoreggiamento aggravato per avere rivelato a Mugnos dell’esistenza di microspie all’interno della sua auto.

Oltre a Galanti, la cui assoluzione è divenuta definitiva, erano stati assolti anche Vito Lauria, 50enne tecnico informatico, massone,  figlio del boss (alias “u prufissuri”) Giovanni, imputato nello stralcio ordinario. Per lui l’accusa aveva chiesto una condanna a dodici anni (12) di reclusione. Assoluzione anche per Angelo Graci, 33 anni: l’accusa aveva chiesto nei suoi confronti la condanna a dieci anni (10 anni) in qualità di gregario del clan che avrebbe avuto spesso il compito di presidiare i luoghi dei summit.

Si torna in aula il 21 febbraio. 

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