I documenti, le auto e le banche: i pizzini incastrano l’architetto che aiutò Messina Denaro
L'input all'inchiesta deriva da un appunto con scritto "10mila + 500 per Margot" trovato in casa del boss dopo la cattura
A novembre 2014, quando era il latitante più ricercato del Paese, Matteo Messina Denaro andò personalmente prima da un concessionario auto di Palermo per acquistare una Fiat 500 e poi in banca a ritirare l’assegno da consegnare al rivenditore. Il boss usò una falsa carta di identità intestata all’architetto Massimo Gentile, oggi arrestato per associazione mafiosa, e indicò come numero telefonico di riferimento per eventuali comunicazioni quello di Leonardo Gulotta, finito in cella per concorso esterno in associazione mafiosa. I fatti, che mostrano ancora una volta come il capomafia per anni abbia fatto una vita quasi normale, emergono dall’ultima indagine dei carabinieri del Ros coordinata dalla Dda di Palermo.
L’input all’inchiesta deriva da un appunto con scritto “10mila + 500 per Margot” trovato in casa del boss dopo la cattura. Margot era lo pseudonimo che Messina Denaro usava per indicare le sue auto nei pizzini o nei documenti. La caccia al veicolo ha portato i carabinieri a una concessionaria di Palermo dove è stata trovata la pratica dell’acquisto dell’autovettura con i documenti consegnati dall’acquirente, tra i quali la fotocopia della carta d’identità intestata a Gentile su cui era stata incollata la foto di Messina Denaro, prova che il boss era andato di persona ad acquistare la Fiat.
Il documento, che portava la firma dal padrino, conteneva alcuni dati corrispondenti a quelli di Gentile e altri falsi: come l’indirizzo di residenza indicato in “via Bono”, non corrispondente a quello reale dell’architetto, e la data di scadenza. Per l’acquisito il capomafia ha versato 1.000 euro in contanti e 9.000 attraverso un assegno circolare emesso dalla filiale di Palermo dell’Unicredit di Corso Calatafimi. Allo sportello, per ottenere l’assegno, ha esibito il falso documento, versato euro 9.000 cash e dichiarato che il denaro era frutto della propria attività di commerciante di vestiti.
Come recapito telefonico per le comunicazioni ancora una volta il boss ha lasciato il cellulare di Gulotta “una persona fidatissima e perfettamente informata di ciò che stava accadendo, poiché altrimenti chiunque altro ignaro della compravendita avrebbe, al primo contatto telefonico, allarmato la concessionaria e probabilmente messo a serio rischio la identificazione del latitante”, scrivono i pm. L’auto, per tutto il periodo di utilizzo – tre anni – è stata assicurata a nome di Gentile e in almeno un anno le polizze, come hanno mostrato le comparazioni grafiche, hanno portato la firma di Messina Denaro.
Dalle indagini è emerso anche che nel 2007 l’architetto ha acquistato per conto del boss una moto Bmw che sarà poi lo stesso Gentile a portare alla demolizione in una officina a cui si fa riferimento in un pizzino nascosto in una sedia, trovato a casa della sorella di Messina Denaro, Rosalia, dopo l’arresto del padrino. Il veicolo, secondo i pm, usato dal padrino dal 2007 al 2015, è stato regolarmente revisionato e assicurato a nome di Gentile, che in una delle pratiche ha indicato come la falsa residenza di via Bono e dato come recapito sempre il numero di Gulotta. I bolli di moto e auto, infine, nel 2016 sono stati pagati l’uno a 40 secondi dall’altro in una tabaccheria di Campobello di Mazara dove, sette anni dopo, pochi giorni prima dell’arresto, il capomafia era andato a fare acquisti, come dimostra uno scontrino ritrovato dal Ros.