Caltanissetta

Processo depistaggio, moglie Scarantino: “Torturato per mentire”

“Per costringerlo a parlare e a mentire lo picchiavano, approfittavano della sua debolezza psicologica dicendogli che io lo tradivo, gli mettevano i vermi nella zuppa, minacciarono di inoculargli il virus dell’Aids. Ero certa che lo avrebbero ucciso”.  E’ il drammatico racconto di Rosalia Basile, moglie del falso pentito Vincenzo Scarantino. La teste sta deponendo al […]

Pubblicato 5 anni fa

“Per costringerlo a parlare e a mentire lo picchiavano, approfittavano della sua debolezza psicologica dicendogli che io lo tradivo, gli mettevano i vermi nella zuppa, minacciarono di inoculargli il virus dell’Aids. Ero certa che lo avrebbero ucciso”. 

E’ il drammatico racconto di Rosalia Basile, moglie del falso pentito Vincenzo Scarantino. La teste sta deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Borsellino. Imputati di calunnia aggravata i tre funzionari di polizia che avrebbero creato a tavolino falsi pentiti, come Scarantino, costretti a raccontare una verita’ di comodo sull’attentato. La donna ha puntato il dito contro l’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera, nel frattempo morto, descrivendolo come la mente del piano ordito per depistare le indagini attraverso la creazione di collaboratori di giustizia fasulli, costretti a mentire con minacce fisiche e psicologiche. “Dopo la detenzione a Pianosa – ha raccontato la donna – improvvisamente ammise il furto della 126 usata come autobomba per la strage. Mi disse ‘devo farlo anche se sono innocente altrimenti mi ammazzano’”.

“Ho trovato a casa dei foglietti del mio ex marito con i numeri dei cellulari e dell’ufficio dei pm, all’epoca in servizio a Caltanissetta, Nino Di Matteo, Anna Palma, Carmelo Petralia e Gianni Tinebra. A volte si chiudeva in stanza per parlare con loro al telefono”. Lo ha rivelato la moglie del falso pentito Vincenzo Scarantino, Rosalia Basile, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. La teste ha consegnato i biglietti.

La donna, citata a deporre al processo in corso a Caltanissetta a carico di tre funzionari di polizia Bo, Ribaudo e Mattei, accusati di aver creato a tavolino pentiti come Scarantino, costringendoli a mentire sulla ricostruzione dell’attentato, non ha mai rivelato prima dei rapporti telefonici tra il marito e i magistrati. A minacciare e fare pressioni su Scarantino, costretto a imparare a memoria il “copione” con le accuse da raccontare, sarebbe stato il pool investigativo che indagava sulle stragi guidato dall’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera, nel frattempo morto. (ansa)

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