Coronavirus, lockdown e fase 2: a tu per tu con la psicologa Avenia
L’emergenza Coronavirus ha bloccato tutto, anche le nostre abitudini. Da marzo la nostra vita è cambiata, niente abbracci e baci, niente strette di mano, smart working, scuola e laurea online. Ma adesso siamo nella fase 2, siamo nella fase della ripartenza, molti non vedevano l’ora di uscire di casa, ma altri fanno fatica a lasciare […]
L’emergenza Coronavirus ha bloccato tutto, anche le nostre abitudini. Da marzo la nostra vita è cambiata, niente abbracci e baci, niente strette di mano, smart working, scuola e laurea online. Ma adesso siamo nella fase 2, siamo nella fase della ripartenza, molti non vedevano l’ora di uscire di casa, ma altri fanno fatica a lasciare quella che non è più solo la nostra casa, ma per settimane, mesi, è stato anche l’unico luogo dove sentirci davvero al sicuro. Da adesso dobbiamo imparare a convivere con il virus, utilizzare mascherine e guanti, continuare a lavare spesso le mani, e sopratutto evitare gli assembramenti. Ma quali sono gli effetti che ci porteremo dietro? Ne abbiamo parlato con la psicologa Carmela Avenia.
Coronavirus e lockdown quali gli effetti della quarantena? L’ emergenza sanitaria coronavirus ha riattivato alcune delle paure più profonde ed antiche che l’ essere umano non vorrebbe mai fronteggiare: l’ imprevedibilità e l’ incontrollabilità degli eventi e il lockdown sembra averci messo in stand- by, in attesa, sospesi. Nonostante tutto ci siamo adattati, e questo lungo periodo di tempo ci ha fatto scoprire più produttivi ed efficienti di quanto potevamo mai immaginare di essere. La sicurezza è stata la nostra casa, ed è proprio questo nostro esserci comodamente adattati che potrebbe causare una maggiore difficoltà a ritornare alla normalità a causa della cosiddetta “sindrome della capanna” ovvero la paura di uscire fuori casa e di riprendere tutto ciò che è stato interrotto, compreso il doversi relazionare direttamente con l’ altro.
In quarantena siamo
meno soli grazie a internet, non sarà un male? E quali ripercussioni a livello
sociale su bambini e adolescenti?
In questo periodo così difficile, non solo dal punto di vista sanitario ma anche umano, siamo stati “costretti” ad affrontare in modo totale un’ altra realtà che di certo non faceva parte del nostro vivere le relazioni esistenziali: internet. Dallo smart – working alle video chiamate in conferenza , dalle riunioni lavorative ai video-party virtuali, internet ci ha “connessi” con il mondo esterno dalle nostre quattro mura domestiche.
Il vivere tutto questo come quotidianità non deve sostituire il nostro naturale ed imprescindibile bisogno di intessere relazioni concrete e fisiche altrimenti , senza rendercene conto, rischieremo di perdere la nostra capacità relazionale con l’ altro, fatto di contatto, di sguardi, di sensazioni che si possono vivere solo dal vivo.
Ciò che più preoccupa la comunità scientifica è come tutto questo viene vissuto dai bambini e dagli adolescenti che oltre ad essere probabili vittime della “sindrome di HIKIKOMORI”, possono sviluppare sindromi ansiose e depressive che ostacolerebbero il normale rientro in “società” dei ragazzi.
L’ indagine “ giovani e quarantena” promossa dall’ associazione nazionale Di.Te ( dipendenze tecnologich, Gap, Cyberbullismo) in collaborazione con il portale Skuola.net ha evidenziato che il 35% dei 9.145 ragazzi intervistati tra gli 11 e 21 dichiara di non riuscire ad immaginare il proprio domani. La maggior parte di loro soffre di solitudine, nonostante perennemente collegati e accusa un peggioramento dei rapporti familiari.
Di certo questo nuovo modo di operare ci ha reso capaci di attivare altre capacità che non sapevamo di possedere e queste capacità saranno anch’ esse parte di quel bagaglio di abilità nel corso della vita sviluppate, ma il rischio reale è che dopo aver inconsapevolmente annullato tutti quegli stati d’ animo, positivi e negativi , gradevoli o sgradevoli che siano e che vengono attivati solo con un contatto vero, diretto e non virtuale con chi mi sta di fronte, si abbia bisogno di un po’ più tempo per ritornare a relazionarci da esseri umani….
Siamo nella fase 2 come dobbiamo comportarci ? Con responsabilità e coraggio nel non trascurare sintomi che possono indicare un eventuale malessere psicologico che può manifestarsi con forme di disagio psico-somatico quando si sta fuori casa o in compagnia degli altri. Per i bambini e i ragazzi, che rappresentano la parte della popolazione psicologicamente più a rischio di questa pandemia , urge un intervento impellente per riportarli sulla terra ferma… vanno incoraggiati ed appoggiati nel riprendere i loro rapporti sociali e amicali, magari concedendo, sempre sotto la supervisione degli adulti, maggiore libertà di autonomia, al fine di evitare non solo un impoverimento affettivo ed emotivo, ma anche fobie e sindromi nevrotici ben più difficili da trattare. Ci sono dei segnali che non devono essere trascurati ma affrontati coraggiosamente, supportati dalla fiduciosa speranza di potere essere superati anche tramite l’ aiuto ed il supporto di uno specialista che possa riconnettere le nostre parti momentaneamente “mancanti” al mondo vero e reale che sarà la nostra vita post- coronavirus.